LINKED IN
La moda cambia, la comunicazione di moda anche: il mondo del fashion mira alla versione 4.0. Cosa aspettarci?
La comunicazione di moda è cambiata e, sicuramente, cambierà ancora: lo vediamo ogni giorno sfogliando le pagine delle riviste cartacee, purtroppo sempre meno rilevanti; scorrendo il feed di Instagram; leggendo le news che arrivano direttamente dai blog di settore e dai grandi brand.
E non è solo un fattore estetico, ma sociale, culturale e anche economico: le conversazioni sono i nuovi mercati e il settore del fashion non è più chiuso e inaccessibile come lo era fino a qualche anno fa. Adesso chiunque può vivere un’esperienza immersiva, sentendosi protagonista di una sfilata o di una sessione di shopping personalizzata, acquistando online su siti interattivi o ricorrendo, addirittura, alla realtà aumentata dei camerini di nuova generazione.
Le sfilate di moda non sono più eventi ad esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori, ma possono essere seguite in streaming ovunque, in qualunque momento, da chiunque.
La moda è diventata molto più democratica, almeno a livello comunicativo: si può accedere ad informazioni in tempo reale, visionare collezioni, interagire con i brand, lasciare recensioni, confrontarsi.
Blogger e fashion influencer hanno cambiato – di molto – il modo di comunicare la moda, percepita ormai non più come lontana e “altra”, ma come qualcosa con cui avere a che fare ogni giorno, con cui giocare, dalla quale lasciarsi ispirare.
E se da una parte questo ha favorito un avvicinamento della moda al consumatore “medio”, dall’altra ha impoverito la comunicazione di moda, riducendola a volte ad un elemento puramente estetico che, per quanto veicolante significati importanti, viene privato del proprio storytelling più profondo.
«La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada: ha a che fare con le idee, con il nostro modo di vivere, con cosa sta accadendo» diceva Coco Chanel già nel secolo scorso, affermazione che assume oggi un significato sempre più rilevante.
La moda è qualcosa che ci circonda e ci abbraccia, che coinvolge anche chi pensa di non esserne coinvolto perché di fatto, qualsiasi cosa si indossi, fa parte di un circuito molto più vasto di quanto si pensi.
Comunicazione di moda 4.0: le 3 direzioni principali
In realtà il cambiamento della comunicazione di moda sta virando su più direzioni e non su una soltanto: da una parte c’è un ritorno alle origini, al fatto a mano, al valore del lavoro artigianale, alla voglia di riscoprire le tradizioni tessili e manifatturiere di una volta, alla volontà di comunicare la cura dei dettagli, la qualità delle stoffe, l’amore verso ciò che si realizza.
Parliamo di una comunicazione di moda che potremmo definire “sartorial-oriented”.
Dall’altra c’è una voglia di comunicare una moda più etica, eco-friendly, attenta all’ambiente e alle sue risorse; una moda green che risponda alle esigenze di una società sempre più sensibile a queste tematiche.
Ecco allora che molte maison e molti brand hanno orientato la loro comunicazione di moda verso l’eco-sostenibilità, enfatizzando l’utilizzo di materie prime di provenienza equo-solidale, o con minimo spreco d’acqua, o ancora produzioni più consapevoli e attente al rispetto della manodopera, dei diritti umani e anche degli animali (ormai non si contano più i brand che hanno abolito pelli e pellicce dalle loro collezioni).
E poi c’è la comunicazione di moda sempre più genderless e realista, che mira ad annullare le differenze, ad abolire le discriminazioni, a comunicare un’idea di bellezza meno patinata rispetto ad esempio agli anni ’90 e 2000, meno costruita e più naturale, capace di rispecchiare il vero “io” delle persone.
Nell’epoca dei filtri Instagram e di Photoshop, ecco che la comunicazione di moda, a partire da quella visiva, vira nettamente verso un’idea di bellezza più normale e imperfetta.
L’elogio dell’imperfezione diventa così il nuovo modo di comunicare una moda sempre più accessibile, sempre più vicina alle persone, sempre meno distante dal consumatore finale.
A sostenere questa tesi ci pensano due campagne pubblicitarie uscite proprio in questi giorni che hanno destato scalpore, a volte critiche feroci, ma che hanno incontrato anche il consenso di molti addetti ai lavori.
Stiamo parlando della campagna del nuovo rossetto Gucci e della nuova linea di beachwear firmata H&M.
Come cambia la comunicazione di moda: dal caso H&M al rossetto Gucci
Della campagna H&M potremmo dire “niente di nuovo sotto al sole”: già anni fa Doveaveva promosso la sua idea di una bellezza vera e normale con la campagna pubblicitaria Dove Real Beauty in cui mostrava donne assolutamente normali, con qualche kg in più, le smagliature, gambe non proprio dritte o silhuette smilze.
Anche sulle passerelle negli ultimi anni abbiamo visto sfilare modelle curvy in lingerie, costumi da bagno, abiti da sera: ormai non ci stupiamo più molto di queste piccole virate in controtendenza, anche se si tratta comunque sempre di casi isolati, piccoli spot che poi lentamente cadono nel dimenticatoio lasciando il posto nuovamente a modelle altissime ed emaciate.Gucci però è un caso a parte che vale la pena approfondire perché la sua ultima campagna pubblicitaria è l’esempio lampante di come la comunicazione di moda stia cambiando.
Eccentrico, geniale, controcorrente: Alessandro Michele, anima creativa della maison Gucci, è ormai a tutti gli effetti una delle menti artistiche più ammirate dei nostri tempi. Lontano dal conformismo e dedito a sperimentare una moda libera da qualunque tipo di vincolo o simbolo stereotipato, Alessandro Michele ha saputo prendere in mano il brand trasformandolo e plasmandolo secondo la sua volontà, incontrando, allo stesso tempo, il favore dei mercati che lo premiano con fatturati ogni anno più elevati.
Eppure a vedere le sue sfilate si rimane sempre perplessi, sospesi tra il dubbio che si tratti di uno scherzo e la consapevolezza che il vero cambiamento inizia da lì, dagli abiti che mixano stili ed epoche, dai modelli sempre più genderless, da uno stile sempre più fluido e contaminato.
Improvvisamente, quella che era una moda di alta gamma, lussuosa, accessibile solo ad una determinata elitè, scende “in strada”, si contamina, si globalizza, azzera qualsiasi etichetta.
Lì inizia una rivoluzione che Gucci ha saputo cavalcare forse meglio di tanti altri e che può contare su un elemento così cristallino da non poter dare adito a equivoci: la coerenza.
Alessandro Michele porta avanti da anni la sua idea di coerenza in maniera impeccabile ed è forse questo uno dei maggiori meriti che il grande pubblico (anche e soprattutto dei Millenials) gli riconosce.
Trainato da una crescita di fatturato e di valore stimato sempre più alta, Gucci sta rivoluzionando il modo di avvicinare i suoi clienti andando a ridurre sempre di più le distanze non solo digitali, grazie ai social, ma anche fisiche: ne è un esempio Art Lab,la sede da 35.000 metri quadrati in cui il brand produce scarpe e pelletteria con l’obiettivo di avvicinare la produzione al mercato di sbocco e velocizzare i tempi di vendita dei nuovi modelli.
Un modello dunque sempre più efficiente che non sembra sbagliare un colpo.
Altro esempio: per il Capodanno Cinese il brand ha lanciato una campagna marketing che dovebbe far riflettere, soprattutto dopo l’epic fail del duo Dolce & Gabbana. Alessandro Michele ha infatti deciso di lanciare in questa occasione una capsule collection pensata appositamente per celebrare il protagonista indiscusso del nuovo anno lunare cinese, il maiale, lanciandola sul sito e sui mercati orientali (Cina, Hong Kong e Macau) con grande successo.
L’ultimo step di questa evoluzione che sicuramente proseguirà la sua inarrestabile corsa, è il lancio dei nuovi rossetti Gucci annunciato con questa campagna definita da molti “shock”.
La campagna, firmata da Martin Parr – documentarista e sociologo della fotografia, ironico propositore della diversità raccontata attraverso i suoi scatti – ha come protagonista, tra gli altri volti nuovi, Dani Miller, la cantante della band rock Surfbort.
Cosa salta subito all’occhio lo si evince dalle foto stesse: la nuova linea beauty di Gucci abbandona la bellezza classica e oggettiva per abbracciare anche nel settore del beauty un’idea di realismo sempre più apprezzata dai consumatori.
Già Rihanna, con la sua linea Fenty Beauty, aveva introdotto il concetto di «no boundaries» diventando icona e portavoce di una rivoluzione estetica che mira sempre di più ad incontrare le esigenze delle donne normali, con la loro bellezza unica, fatta anche di difetti.
Gucci però ha fatto di più rompendo del tutto gli schemi e facendo cadere anche l’ultimo tabù: che la moda fosse esclusivo appannaggio di chi può permettersela, economicamente ed esteticamente.
La moda è per tutti, non c’è estetica che tenga.
L’era della comunicazione di moda 4.0 è appena iniziata.
Buon viaggio.